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giovedì 21 giugno 2012

Vado via qualche giorno. Mi mancherete.

A presto
              Silvia

lunedì 18 giugno 2012

LA SORELLA DI

A lungo, per gli amici di mio fratello io sono stata “la sorella di” mio fratello.
Non ero propriamente io, personcina autonomamente simpatica o antipatica, bella o brutta, ma esistevo in quanto “sorella di”.
Essere sorella (o fratello, o figlio di) è uno stato sociale, una condizione che ti trovi alla nascita, al pari di tante altre cose.
Finché ero bambina, non è che fossi tanto la sorella di mio fratello: io avevo i miei amichetti e i miei giochi e lui aveva già la bicicletta e aveva il permesso di circolare libero con i suoi amici. Probabilmente sfumacchiava già di nascosto. A quell’età io ero ancora io.

Fu attorno ai 14, 15 anni che divenni, “sua sorella”, e fu, probabilmente colpa mia: infatti, per riuscire a emanciparmi dall’infanzia e andare un po’ oltre gli orari pediatrici, con grande senso opportunista (i fratelli/sorelle più piccoli spesso ne sono maestri) mi accodavo a mio fratello più grande che, in quanto tale, godeva già di orari larghi; ma io, in realtà, non uscivo solo con mio fratello ma anche con i suoi amici e fu così che, dai oggi e dai domani, perdetti il nome di battesimo e acquisii quello di battaglia: “sorella di”.

Furono anni lunghi, ma anche gli anni lunghi alla fine passano e io riuscii a sciogliere la briglia, così nuove vite e nuove esperienze lontano dalla famiglia, dai conoscenti e dagli amici di un tempo; nessuno sapeva del mio passato di “sorella di” ed io ero libera di frequentare chi mi andava: che libertà! Nessuno più mi chiamava “sorella di”! Anzi! Scoprii il significato e l’importanza di avere un nome proprio: ERO IO!

25 anni dopo.
Mio fratello organizza una festa molto affollata dove invita tutti gli amici di un tempo e anche me.  Ci vado o non ci vado? Ci vado.
Arrivo nel luogo prefissato e scorgo volti familiari ma che non riesco mettere a fuoco: il tempo trascorso nelle nostre vite può rendere faticoso un riconoscimento immediato, tant’è che per un attimo ho pensato di aver sbagliato festa.
Ma no! Certo che non ho sbagliato! Ecco che venticinque anni –dicasi venticinque- anni dopo, un grido si alza nella foresta:
“MA TU SEI LA SORELLA DI !!!”

Fantastico ragazzi, e poi si dice che l’uomo perde la memoria.


domenica 17 giugno 2012

CIAO, AMICO

Chissà chi ha inventato gli amici. Quella razza strana che non ti abbandona mai; che ritrovi anche tra i rovi e dopo milioni di anni.

Chissà cosa sono gli amici.

Chissà come sono.

Chissà perchè hanno scelto proprio te, anche se non solo te.

Qualche amico è proprio bello averlo, anche se ti sbuca all'improvviso quando meno te lo aspetti e ha il coraggio di dirti cose impopolari. Chissà perchè gli amici sono capaci di cose immense.

Meno male che ci sono gli amici.


Io qualcuno ne ho. E voi?




venerdì 15 giugno 2012

NON MANDATEMI AL DIAVOLO...

Partendo dall'unica certezza (quella che siamo vivissimi)
e sottolineando che di un gioco si tratta...
...immaginiamoci tutti all'inferno.

Pensate ci si possa incontrare?
In quale girone?
Potendo scegliere, quale quello azzeccato per noi?
Con chi altri?

...E vi prego, non mandatemi al diavolo...!



martedì 12 giugno 2012

QUANTO COSTA?



La libertà non ha prezzo, verrebbe da dire; nel senso che è gratis o che costa tanto?

Rivendico libertà di pensiero ma poi mi appiattisco su posizioni di convenienza, parlo di cose già dette e già sentite, 'sicure’, viste e già commentate; scavo nicchie in terreni rassicuranti e mi circondo di filo spinato per evitare di mettermi in discussione e l’ipotesi che le mie collaudate e “autentiche”convinzioni possano venir contaminate e modellate da vite e pensieri altrui non è nemmeno presa in considerazione.
Non se ne parla nemmeno!
Mi aggiro tra luoghi comuni piatti piatti.
Le mie frequentazioni sono “sceltissime” e conformi al mio modo di vedere il mondo e alla mia capacità di comprenderlo e interpretarlo.

Libertà di scelta ma poi, se osservo bene, mi accorgo che il recinto è proprio piccolo.

Libertà di vestirmi come mi pare ma poi m’intruppo in comunità modaiole e se mi distinguo dall’altro è perché madre natura (che non ho scelto io) mi ha regalato un neo sulla punta del naso.

Libertà di pensiero ma poi non so nemmeno perché mi sposo; forse perché mia madre ci tiene tanto, e il giorno del matrimonio sono talmente sfinito dai preparativi che non vedo l’ora che tutto finisca (il matrimonio intero o solo quel giorno?...) non prima però di aver fatto decine e decine di  foto ricordo…perché altrimenti chi se lo ricorda il giorno del proprio matrimonio, senza foto, e film stile Century Fox…

Libertà di opinione ma poi abbraccio con certezza ciò che la tradizione mi suggerisce o, peggio ancora, per reazione e rivendicando non meglio precisate libertà di scelta, butto tutto indistintamente senza senso critico; così  l’Epifania diventa la festa della befana e non so nemmeno il perché.

Liberarsi dalle nostre fissità e granitiche certezze e vedere la vivacità della vita è una magnifica possibilità ma non è scontata se filtrata da lenti inappropriate. Un giorno una persona, di quella qualità dedita all’ascolto ma decisamente poco incline alle rassicuranti conferme in saldo, mi disse:
 Possedere delle lenti multifocali con cui vedere il piccolo e il grande, il vicino e il lontano con grande lucidità è un lusso  che ha un prezzo: rende uomini e donne veri ma comporta qualche sofferenza. La Quaresima fa pendant con la primavera, ha a che fare col risveglio e il rinascere. Non con i rituali di conferma dell'ovvio, che producono tristezza e sciatteria”.

La libertà costa. Ora si capisce.
Ma  quanto?
Attraverso cosa si esprime la libertà?

La libertà è mimetizzarsi?
La libertà è trasgredire?
Azzannare la diversità? Che non è necessariamente il reietto ma chi è diverso da me e cioè chiunque.

Cos’è la libertà, quanto ci costa?

Silvia

LA PAROLA

Chissà se la parola data è ancora un valore credibile e condiviso...

o è diventato strumento negoziabile?

venerdì 8 giugno 2012

TUA PER SEMPRE

Un giorno sono andata a trovare i miei cari, quei cari che non ci sono più.

Attorno a essi mille pensieri e tanti ricordi personali e intimi; ma nei cimiteri non ci sono solo tracce delle nostre vite ma anche tracce di altrui esistenze. Non limitarsi ai propri pensieri permette di intercettare altre storie che, anche solo per un istante, si fanno prossime a noi.

La storia che, testuale, vi riporto oggi l'ho raccolta il due novembre 2010; era scritta su un piccolo foglio a quadretti con una calligrafia che ho riconosciuto come di un'epoca lontana, uno stile corretto e un po' incerto, semplice. Anche i miei nonni scrivevano così. Il biglietto era attaccato con del nastro adesivo sulla lapide. La firma non era leggibile.

Ho deciso di darne testimonianza perchè la trovo una storia bellissima.

"Al mio caro Mario

Amore, tanti anni assieme son volati sarà per oggi domani e sempre finchè saremo io e te eternamente insieme. Alzo gli occhi al cielo e vedo una stella sei tu Mario che mi guardi e mi proteggi di lassù.
Tua per sempre"...                   segue firma illeggibile

mercoledì 6 giugno 2012

IL SOLITO TRAN-TRAN

 “Ciao, come stai?”   “Bene grazie!" Il solito tran-tran”.

Ecco. Sarà capitato, immagino, di ricevere (e dare) tanta risposta.
“il solito tran-tran” mi ha sempre colpito e non mi piace molto, in verità, così come anche il “tiriamo avanti”. Sono espressioni che raccolgo da sempre. Sono espressioni che raccolgo a tutti i livelli e a tutte le età.
“il solito tran-tran”: ma cosa esprime, cosa porta con sé? Malessere? Scontento? Appiattimento? Noia? A me così è sempre suonato “il solito tran-tran”.

Forse, invece, “il solito tran- tran” racconta la ritualità del quotidiano, quei piccoli gesti a volte meccanici che compiamo ogni giorno: apparecchiare la tavola, una telefonata, lavarsi, riporre la biancheria, maledire il compagno di lavoro o la vicina di casa. Svegliarsi la mattina, coricarsi la sera. Tutti i giorni. Che banalità! Verrebbe da dire… E invece… chi può vantare una simile VITA-lità è, forse, una persona capace di valorizzare la vita medesima:
una carezza, un bacio, una parola sentita e ascoltata, un silenzio, una tavola semplice ma accuratamente apparecchiata per uno come per dieci commensali, una luce accesa, una televisione spenta quando arriva una visita.
Chi può vantare una simile percezione è, forse, una persona ricca, ma di quelle che non hanno paura di venir derubate.
Certo, poi ci sono fasi supersoniche, di quelle che ti strapazzano l’anima ma…apprezzare e valorizzare la semplicità del quotidiano giorno dopo giorno volete mettere che conquista? E sì, mi permetto di chiamarla così perché a volte, l’avventura più espressiva per noi stessi siamo proprio noi stessi.

Avvenimenti roboanti, vite da leoni e opere mirabolanti emanano sicuramente aromi seducenti ma mai come il profumo semplice e cristallino del pane quotidiano.

“Dacci oggi il nostro pane quotidiano”.

\

“Ciao, come stai?”
 “Bene grazie! Il solito tran-tran”.

Raccontami di te.



Silvia

sabato 2 giugno 2012

I DONI DI DIO

Quando si pensa a un dono ci si aspetta qualcosa che sicuramente ci piacerà.
E se incontrare una persona, entrare in relazione con essa è un dono (di Dio), è nostra attesa una sorpresa (piacevole) e magari duratura, che porti frutti che per noi hanno un profumo speciale.
 
Non si pensa mai che anche il distacco possa essere un dono. Perchè l'emancipazione porta con sè anche la rinuncia e la parola rinuncia non ci pare certo un dono; rinunciare evoca il lasciar perdere, fare a meno di.
 
Riuscire a vedere nella rinuncia,  in una relazione scarna o perduta o anche solo allentata un dono,
occorre un magnifico,  liberante , profondo, incodizionato atto di fede.

venerdì 1 giugno 2012

ANELITO ED ERBA MALEFICA (lettera a Michela)


Tu sei qui, ma aneli essere là.
Tu sei così, ma aneli essere colà.
Aneli alla buona reputazione, quella riconosciuta come tale dalla tua comunità, così ti dai un gran daffare: ti agiti molto e dici sempre di sì.
Aneli alla santità terrena e allora ti affanni per presentarti in modo rassicurante sì, ma al tempo stesso severa. Perché rigore e severità credi garantiscano una buona immagine.
Aneli alla famiglia felice, alla famiglia da rotocalco; così come è attesa dagli altri; allora ti costruisci una bella casa e la riempi di cose meravigliose, come quelle che si vedono sulle riviste delle famiglie che ci hanno raccontato essere felici: cuscini, soprammobili, quadri, divani, tappeti. Il risultato, ti assicuro, è impegnativo...
Aneli al modello di perfezione terrena e allora ecco che impari a cucinare pietanze pregiate, e a servirle con fare servile.  La tua cucina sarà sempre in ordine e pulita, impeccabile. La tua casa sarà sempre in ordine, pulita e profumata.  I tuoii ospiti saranno scelti; per loro imparerai l’inglese. I tuoi ospiti saranno perciò pochi.

Aneli a un sogno di passione e a un’olografia di vita.

Ma un giorno scorgi nel praticello del tuo giardino che è cresciuta l’erba malefica;  e allora  piangi e ti lamenti e ti chiedi dove hai sbagliato. La risposta fatica a venire perché ciò che cerchi è un errore da incolpare. Dov’è l’errore? Forse non hai sfruttato bene il giardiniere? Forse hai sposato un marito troppo vecchio? Troppo esigente? Troppo pigro?

Non riesci a trovare  risposta, non trovi di chi sia colpa...
Prova a guardare con più attenzione e scoprirai che si tratta del giardino del tuo cuore.
Ma siccome la scoperta è sconcertante, allora ti nascondi in un mazzolino di fiori che sicuramente piacerà a tutti così lo potrai rivendere ancora una e cento volte inventandoni una nuova vita e ricostruirti una buona immagine. Per l’ennesima volta.



Silvia, 2010