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giovedì 17 gennaio 2013

ACQUA VIVA


Chi non desidera venire amato alzi la mano.

Ummh…che silenzio!

Già perché non esiste essere vivente insensibile alle attenzioni dell’amore: persino i fiori si fanno più belli se si sentono amati e ben guardati. Figurarsi un essere umano con tutti i suoi vuoti, le sue incertezze, i suoi bisogni di rassicurazione!
Sentirsi amati dà valore alla nostra esistenza; ci convince che non siamo soli; lusinga il nostro bisogno di conferme e, forse, dà sollievo al fuoco ardente che alimenta la nostra vanità.
E allora, come in preda a una fame irresistibile alla quale sembriamo incapaci di resistere saremmo disposti a chissà cosa pur di farci amare, sino ad annullarci per rifletterci nell’amato come un eterno e prepotente Narciso. “ Più mi sembra di venir amato, più autentica è la mia esistenza”? E’ questa un’equazione che ha credito presso la nostra vita?

Ma... siamo capaci oltre che a cercare di farci amare, di LASCIARCI amare?

Che bella domanda eh? Forse non basta una vita per rispondere, tutti presi come siamo a rincorrere la conferma amorosa…

Lasciarsi amare senza figure prefissate.
Lasciarci amare rinunciando a risposte a noi gradite, preferite, sognate, attese.
Lasciarci amare accettando anche i silenzi e la lontananza, la rinuncia.
Lasciarci amare mettendo in conto che questo amore possa attraversare linguaggi anche per noi indecifrabili, inediti e inattesi.


E’ facile cadere nel tranello del “tu non mi ami abbastanza” perché nello specchio non riconosciamo la nostra immagine riflessa. E’ quasi banale riconoscere in una delusione amorosa l’altrui incapacità a sintonizzarsi sulla nostra fame.

E noi? Siamo sintonizzati sull’amore altrui, siamo così capaci da riconoscerlo?
Cogliamo la possibilità di tacere all’amore che ci è offerto?
Abbiamo la capacità (forse sovrumana) di abbandonarci all’umiltà dell’ascolto?

Quanto amore abbiamo calpestato perché incapaci di riconoscere il sentiero…?
Quanto amore abbiamo ignorato perché mimetizzato nelle pieghe della vita…?
Quanto amore abbiamo smarrito perché il nostro sguardo si era fissato su immagini così lontane e offuscate da impedirci di vedere…come immersi in una perenne nebbia a renderci sagoma eterea che cerca di soddisfare il proprio illusorio bisogno si rassicurazione.

Forse, quel giorno che riusciremo a resistere alla tentazione di cercare e saremo capaci di ignorare quello stagno immobile che non potrà mai dissetarci, forse, saremo capaci di trovare la fonte di acqua viva che tanto ci è cara.


Silvia


mercoledì 16 gennaio 2013

Quei legami profondi che non sappiamo proteggere (Francesco Alberoni)


La nostra vita è costruita su due tipi di legami.
Quelli superficiali, professionali, utilitaristici e quelli emotivi profondi fra genitori e figli, fra fratelli, fra amici, fra innamorati.
Noi di solito pensiamo soprattutto ai primi. In televisione vediamo le
prestazioni dei comici, dei presentatori, degli artisti, dei registi, sentiamo i discorsi e le polemiche dei politici, ma non percepiamo le gioie, le ansie ed i dolori che stanno dietro ciò che dicono e fanno. Le uniche informazioni che abbiamo sulla loro vita privata, le leggiamo sui settimanali di gossip che parlano degli amori, dei fidanzamenti, dei figli, dei divorzi, dei lutti della gente dello sport e dello spettacolo e svelano l'aspetto umano che essi hanno in comune con tutti noi.
Ed è grazie a queste nformazioni che ci rendiamo conto che il comico che ci fa ridere ha una moglie e dei figli che sono alla base del suo equilibrio e, certe volte, pensiamo a Roberto Benigni con sua moglie, a fondamento della sua ricchezza emotiva e della sua arte.

E mentre ci occupiamo seriamente dei rapporti professionali
, guardiamo con leggerezza ai legami profondi, le vere radici della nostra personalità. E talvolta facciamo degli errori che rovinano i nostri rapporti vitali.
Ci sono uomini che amano la moglie, ma non resistono alle tentazioni di relazioni extraconiugali finché lei non rompe e allora sono disperati.
Ci sono donne che gestiscono benissimo la casa e la vita quotidiana del marito, ma non capiscono il suo spirito creativo e avventuroso.
Ci sono mariti che non si rendono conto che la loro moglie ha bisogno di calore e corteggiamento, pensano solo alla professione e le rendono la vita arida. Ci sono genitori che trascurano i figli e figli che non si occupano dei genitori quando hanno bisogno.
E poi quante decisioni brusche e irreparabili! È facile dire a qualcuno «vattene e non farti più vedere!», ma un conto è farlo con un dipendente, con un conoscente, ben diverso farlo con tuo figlio, con tua madre, con uno che hai amato, con un amico che ti è stato vicino tutta la vita. Perché mentre i rapporti superficiali possono essere sostituiti con facilità, quelli profondi ti lasciano un immenso vuoto.
Molte depressioni nascono da questo vuoto, dalla solitudine che esso genera. Una solitudine che si può riempire solo con nuove amicizie o con un nuovo amore. Tutte cose molto difficili da costruire e difficili da conservare.


12 gennaio 2009


venerdì 11 gennaio 2013

Antonello da Messina - L'Annunciata






Il destino mi ha affidato solo figli maschi perciò non potrò prendere parte alla disputa “trucco sì-trucco no”.
Ma mi piace ricordare i primi passi nel mondo dei grandi che tutte le ‘femmine’ prima o poi si trovano a dover compiere.
Si incomincia a quattro anni infilandosi le scarpe coi tacchi della mamma e facendosi pittare di rosso fuoco le unghie di minuscole mani.

Fare la mamma è anche bello e non solo problematico e vedere la propria figlia che cerca se stessa anche attraverso il travestimento del trucco fa tenerezza.
Chiaro che la buona educazione conta.
Difficilmente una ragazza che sia stata educata alle sensibilità e al bello sentirà il desiderio di incrostarsi il viso di colore.

Quando guardo l’Annunciata di Antonello da Messina vedo un volto di adolescente con un filo di cipria che le illumina lo sguardo.
Sono passati sei secoli e questa adolescente è ancora splendente nella sua semplicità pur nell’incertezza di una vita impegnativa.

Nel trucco delle ragazzine io vedo questa dolcezza.
Ma bisogna essere ben educate.
Apprezzo le sedute organizzate da professionisti, mi sembra un buon approccio ludico-tecnico che potrà aiutare a sentirsi belle e sicure. Perchè il pericolo di diventare carampane mascherate è sempre in agguato.


Perchè la vita è lunga…

mercoledì 9 gennaio 2013

GUARDARSI ATTORNO: Londra


Detto così sembra il preludio a chissà quale racconto…


Una città, una campagna, un panorama, si gode se ci si guarda intorno, se si vive; se su di essi poniamo il nostro personalissimo sguardo: nessuna mappa e nessuna guida turistica renderà giustizia al nostro vedere e al nostro sentire, al nostro vivere un luogo, che apparirà diverso per ognuno di noi.

Se amate l’aria aperta, non mancate Regent’s Park e il profumo delle sue centinaia di varietà di rose tutte da annusare (particolarissima la varietà “ice cream”), l’area sportiva (qualche chilometro e qualche
suola di scarpe più a Nord…).
Londra non è soltanto il Big Ben e nemmeno Fortnum & Mason: esistono insospettabili canali navigati e abitati nei barconi.

Per riuscire a cogliere Piccadilly Circus occorre recarvisi di mattino presto, in altri momenti della giornata è impossibile così come Trafalgar Square, dove il povero Nelson (Orazio) si salva perché è in cima al monumento.

Nuove aree dei docks sono stare riqualificate e ora si possono godere molto bene; un tempo non era così.
Il Tamigi è limaccioso ma una gita in battello sino al mare è una bella meta: si conoscono tante persone; a Londra si possono conoscere (non solamente incontrare) tante persone di tutti i tipi, di tutti i “colori” di tutti gli abiti, con i turbanti o le jellewa non ha importanza: è possibile conoscersi, semplicemente.

Se vi piacciono gli spettacoli o i musicals non si ha che da scegliere, in
qualsiasi quartiere vi troviate: a qualsiasi ora, in qualsiasi giorno.

Girate a zonzo, in libertà!
Dopo aver assolto i vostri impegni di studio o professionali e se siete in vacanza tanto meglio.
Se vi piace guardare come si vestono le persone, c’è da lustrarsi gli occhi: se vi piace la storia dell’arte, non avete che l’imbarazzo della scelta (e che
scelta!)
se siete, “freak” va bene lo stesso: c’è posto per tutti purché tutti al proprio posto.

Poi, sulla via del ritorno, all’aeroporto cercate
le seggiole di legno con scritto “internet here!” e mandate un saluto
a chi volete voi.
Costa minimo 50 cent. E ha una resa umana
impensata.

Saluti cari da Gatwick!


L'ITALICO SIGNIFICATO


Tanti anni fa, quando ero ancora libera come un fringuello, ero a parigi ospite di un'amica locale le quale aveva un fratello dall'aspetto aitante.
Il giovanotto era bello e fustacchione, ma fece l'irreparabile errore di presentarsi una sera a una festa in maschera, nascosto dietro a un perizoma leopardato.

Secondo voi, il perizoma è attraente?

Ancora oggi ci rido.
Forse il bellimbusto no,
che quella sera imparò l'italico significato del "duedipicche".

martedì 8 gennaio 2013

QUELL'ARIA NUOVA...


Quando mi regalarono "la recherche", nella traduzione di Natalia Ginzburg, quasi mi venne un colpo: tutti quei tomi, di non meno di quattrocento pagine scritte fitte fitte e senza figure?!
Mi chiesi se portessi mai essere in grado di trovare la voglia, il tempo, la sedia giusta; mi domandai anche il motivo per il quale tale dono mi venne fatto, perchè dell'opera di Proust io mi ero fatta un'idea molto impegnativa.

Che fosse una lettura da esibire?
Lasciai languire i volumi per qualche tempo indaffarata com'ero a vivere "concretamente" la mia giovane età, tra studi, amori, nuove case, nuove città, amici, lavori ed esperienze varie, e quasi, della ricerca me ne dimenticai.

Ma i libri, si sa, sono duri a morire e hanno una capacità fenomenale di non dare mai fastidio: dove li metti stanno e non si lamentano mai, nemmeno se li dimentichi per anni accatastati tutti storti; inoltre non fanno differenze: il mio Proust è stato a lungo vicino a un volumetto di Liala (e chissà quante cose si sono raccontati...).
Poi, una bella volta ho aperto un volume a caso e da allora non ho più smesso.
A volte leggo tutto di un fiato, sottolineo, scrivo appunti, altre volte, invece solo qualche riga.
Talvolta passano settimane o mesi nel silenzio, ma le parole lette capisco che non sono vane: "Se il ricordo fa respirare aria nuova, è nuova perchè è un'aria già respirata un'altra volta".

Mi capita, in certi frangenti, quando bevo una tazza di the, di ritrovarmi nella descrizione delicata che fece l'autore.
Cosi' come, allo stesso modo, riaffiora la signora Cambremer quando spiega che "ho orrore dei tramonti, fa romantico, fa melodramma. Per
la stessa ragione detesto la casa di mia suocera, con le sue piante del Mezzogiorno: vedrete, sembra un parco di Montecarlo"...

A me, invece i tramonti piacciono molto.


Silvia



lunedì 7 gennaio 2013

TI HO PORTATO CON ME


Capita di fare la stessa strada, lo stesso tragitto per decine e decine di volte.
Avanti e indietro, stessi orari e stessi luoghi deputati alla soste.

Decine di volte apparentemente uguali a macinar chilometri e pensieri.

Ma i pensieri non sono mai gli stessi e non sono decine: sono miliardi e miliardi, ancora più numerosi delle stelle e si accavallano, rincorrono ripropongono con combinazioni sempre diverse e senza nemmeno con intenzione.
I pensieri vanno e vengono e ti si presentano come ospiti inattesi.

L'ultima volta mi sono accorta a cosa stavo pensando:

mentre guidavo per raggiungere la meta mi sono accorta che pensavo a te, padre mio che mi hai lasciato perchè altro non potevi fare.

E così,
è stato possibile portarti con me.



PIERA E LE ALTRE


Rita: 76 anni.
Un corpo e un viso che riconducono a una bellezza altera e fascinosa ormai in balia di uno di quegli sconfortanti morbi neurodegenerativi. Nel letto, con le sponde sempre alzate per impedire che i fremiti del vuoto la facciano rovinare a terra.
Notti e giorni incessantemente senza pace a dialogare coi suoi fantasmi. Un incubo. Appena mi è stato possibile alzarmi ho potuto accarezzarla e guardare il suo sguardo senza profondità.
Ogni tanto è presente e risponde.
Ha ricevuto una visita sola, un giorno che era completamente assopita: era la sua badante quando era ancora gestibile in casa; la badante, della quale il nome mi è ignoto, è di origini genovesi, ha 64 anni e con voce
consumata dal fumo mi ha detto di sé: “ Ho avuto due mariti, un grande amore, qualche amorazzo”.


Cristina: 29 anni,
ingrugnata con il mondo, un figlio adolescente; il padre del bambino è missing dal concepimento.
Da febbraio una nuova relazione affettiva. Molto attenta agli oroscopi, forte fumatrice: anche in ospedale non riesce a farne a meno.
Non ha fretta di guarire; si capisce che il tempo vuoto la innervosisce.

Luigia, 87 anni. Un caporale dispotico che ha tenuto in scacco tutta la vita la devotissima e abnegata figlia Anna, sempre al suo capezzale, giorno e notte con la speranza di vederla guarita.
Luigia è entrata il primo agosto per una polmonite: è morta alle tre del pomeriggio di mercoledì 17 agosto.
Il rianimatore ha tentato di riprenderla come un funambolo ma non ce l’ha fatta.

Piera, classe 1942,
professione: gelataia. E’ arrivata in corsa la vigilia di Ferragosto dopo uno svenimento in casa. Si temeva la presenza di emboli nel sangue, sospetto poi svanito, per fortuna. Si era trattato di stress e fatica di una vita sempre al lavoro; era con evidenza l’unica sana.
Piera, una donna con un senso della vita molto pratico; quattro figli, uno, Gianpiero morto a 28 anni durante una immersione sub e che si capisce essere stato il preferito o forse lo è diventato nello struggere della
mancanza.
Per lei ci sono i figli buoni e quelli che non lo sono; ci sono i nipoti buoni e quelli che non lo sono...
Piera ha ricevuto visite di continuo; molti i suoi clienti.
Piera, sei una celebrità!! Arrabbiatissima per la forzata “vacanza”
perché “in negozio come fanno senza di me?”
Dopo anni di vedovanza ha un uomo per compagno (Giorgio, un signore molto mite originario della Romagna) che lei bolla come uno un po’ spento. Piera è un vulcano di energie, di modi molto spicci e di pensieri altrettanto diretti, parla praticamente solo in dialetto comasco.

Anna: 63 anni è la
figlia devotissima e abnegata di Luigia, anni 87, letto 36. Anna ha vissuto tutta la sua vita accanto alla madre, alla sua ombra, anche dopo il matrimonio è vissuta in casa con mamma, papà e il marito; alla morte del padre la madre non si è smossa di un centimetro: una personalità incombente, un fisico possente difficile da muovere.
Anna non ha avuto figli.
Sempre presente al capezzale della adorata madre (“mia madre aveva delle belle gambe, mica come le mie…” “mia mamma è intelligentissima…era bellissima…è spiritosissima”…) che ogni giorno andava spegnendosi in mille rivoli di complicanze, rantolando per i dolori delle piaghe e Anna che non voleva vedere: attaccata pervicacemente all’idea che “tornerà tutto come prima…”. rifiutandosi così di ascoltare la realtà.
Fino all’epilogo. Terribile, vi assicuro.

Ora
Anna, a 63 anni, può cominciare una vita tutta sua.

Poi ci sono gli altri, quelli oltre il corridoio, quelli mai conosciuti
ma noti nella disperazione delle grida pazze nella notte: età media 85 anni e degenze che chiudono lo stomaco.
Per
quanto riguarda me, la diagnosi di dimissione del 17 agosto ore 19:34, recita testuale: “Sepsi in corso di pielonefrite
acuta da E. coli. In tre parole: “una violenza inaudita”.
Il tempo si dilata
all’inverosimile come un cuore immenso che cerca di accogliere tutto; e io, ho intercettato le umanità di Piera, e di Rita e di tutti gli altri: le vite di quelli che vengono, di quelli che vanno, di quelli che non tornano più.

Piera e le altre.
Sono ancora viva e sono tornata a casa.

E il mio sposo mi ha accolta sussurrandomi: “come sei bella”.


settembre 2011

domenica 6 gennaio 2013

SUPER EROI


Chi ha avuto figli lo sa: " i figli sò piezz 'e core", ma che ora fossero anche dei super eroi, è una mia scoperta recente e sconcertante.

Me ne sono accorta andando al parco giochi, sui campetti da bob per piccoli pargoli, lungo le piste ciclabili delle località marine; in questi luoghi è tutto un susseguirsi di voci che esultano: "sei un mito!" "Bravissimo!" "Strepitoso!" e superlativi vieppiù suggestivi da far impallidire Narciso, poverino...lui almeno si era limitato a rimirarsi in uno specchio d'acqua, e già ci sembrava un'esagerazione.

Chissà ora che faranno quei fastastici eroi che hanno imparato ad andare in bicicletta a due anni , o con gli sci a sei mesi...! Acessoriati di ogni ritrovato tecnico e talvolta tecnologico alla maniera di video games in un asilo nido di un qualsiasi villaggio urbano per poi non riuscire quasi mai a essere quello che sono: bambini.

Non lo possono essere perchè i bambini si sporcano, cadono, si strappano i pantaloni, si sbucciano le ginocchia e inciampano con il gelato in mano e
ai super eroi non può capitare...non capita mai: avete mai visto l'uomo ragno che rimane sprovvisto delle sue ragnatele? o Superman che inciampa nel mantello? Tz...nemmeno Paperinik si fa cogliere in castagna...

I super eroi non si feriscono nemmeno quando cadono da un missile in corsa o gli sparano con un cannone.

E intanto che questi bambini tentano di vivere e di divincolarsi dalle maglie strette dei genitori apprensivi, ecco che sono costretti a sentirsi super eroi anche quando fanno dei piccoli passi.

E' vero, i bambini vanno incoraggiati nei loro approcci con la vita; ma incoraggiamento è un conto, idolatria e animo appannato è un altro.

E volete sapere chi è che si spertica di più in lodi imbarazzanti?

...No non ve lo dico, mi vergogno di ammetterlo...

E va bene, ve lo dico: i padri!

I papà, si proprio loro
che oltre all'autorità hanno perduto anche il contegno.

I loro figli sono i migliori super eroi che esistono nell'Universo: i più bravi, i meglio vestiti e i più accessoriati per affrontare le insidie degli scivoli e delle altalene. Cari papà tanto comprensivi salvo poi imbestialisri se il bambino si riufiuta dll'ennesima esibizione nel salto dal gradino con milionesima posa per foto ricordo.

Stop! Tempo scaduto! ..."è ora di andare. Il papà ha freddo e ormai è già 20 minuti che siamo qui..."