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sabato 29 settembre 2012

LA NOSTRA ECO


Solo un' eco è rimasta  a ricordarmi della tua esistenza;
è un ricordo ingombrante
che rimbalza rumoroso nelle stanze vuote attorno a me.
I tuoi passi, la tua voce, le tue parole ripetute all'infinito.

Tutto passa, ma alcuni dettagli di noi si perpetuano all'infinito per ricordarci la strada che abbiamo percorso.

L'EQUILIBRISTA


Così come è tardi quando la bestemmia è uscita dalla bocca, e faticoso è fare l'esame di coscienza,
è impegnativo voler guarire dai nostri malanni.

L'equilibrista sa che una piccola distrazione può essergli fatale.

Noi siamo equilibristi, e la vita è il nostro cavo teso.
Il bilancere è il nostro cuore.

mercoledì 26 settembre 2012

CASA TRADIZIONALE GIAPPONESE: non tutte le anime sono uguali

 
La casa tradizionale giapponese si rifà a una concezione della vita e del vivere che non ha equivalenti nel mondo occidentale e in Europa in particolare; per cui, dire ‘casa’ nello stile di vita tradizionale giapponese e dire ‘casa’ in Europa, non è detto che significhino la stessa cosa e non è detto che si condividano e si riconoscano i concetti di fondo.

Lo storico Daniel Boorstin in "The Creators" ha scritto: "Mentre gli architetti
occidentali combattono gli elementi della natura, i giapponesi, ammirando il loro potere, hanno cercato il modo di utilizzare il loro fascino":
certo, è un punto di vista, ma se prendiamo per accettabile questo assunto, allora possiamo tentare di descrivere e riconoscere la casa tradizionale giapponese che si basa sulla ricerca costante di equilibrio tra quiete, misura e raffinatezza senza voler ignorare la natura transitoria e caduca di ogni cosa (non dimentichiamoci che il Giappone è terra di terremoti!);

il legno è il materiale preferito e per costruirla si imposta una struttura costituita da un telaio di pali e travi su cui si inseriscono dei pannelli in legno e carta di riso che costituiscono le pareti esterne che così fatte assicurano con efficacia aerazione e ventilazione dei locali.

All’interno troviamo diverse stanze separate il cui uso può facilmente essere flessibile e trasformarsi in grandi ambienti aperti o locali più chiusi e intimi; gli ambienti interni, anche quando non sono oggettivamente ampi, appaiono spaziosi anche grazie all’utilizzo di porte scorrevoli di ampiezze adeguate allo scopo.

Materiali usati sono leggeri e ‘fragili’: I muri, in questo tipo di casa, non sono di muratura ma di carta traslucida che permettono di percepire ombre al di là, senza tuttavia ricocoscere con chiarezza ciò che sta avvenendo.

In generale e nel suo insieme, questo tipo di casa è poco appariscente e priva di ornamenti ed esprime un intento a eliminare ciò che non è ritenuto ‘essenziale’:
è la casa per l’anima, l’anima giapponese.

La nostra casa si esprime con modalità differenti, che non sono nè migliori nè peggiori:  semplicemente diverse...

...perchè non tutte le anime sono uguali.



lunedì 24 settembre 2012

BELLISSIMAMENTE IMPERFETTI


Chissà perché ci capita di vedere nello specchio un riflesso che non
sentiamo corrisponderci sino in fondo; come mai c’è sempre
qualche pezzettino di noi di cui faremmo volentieri a meno o che vorremmo in più o diverso.

Qual' è la soglia tra imbellettarsi e camuffarsi? Possiamo piacerci così come siamo?

Bellissimamente imperfetti.

Se riuscissimo a far coincidere la percezione che ognuno ha di se stesso
con l’immagine che ci viene restituita dallo specchio ma anche dalle
persone attorno a noi,
forse riusciremmo a vederci più “belli”, belli così come siamo:

bellissimamente imperfetti.

PAZIENZA

"Abbi pazienza"

Questa è forse una delle frasi più in uso.
Ma cosa significa avere pazieza?
E quanti "tipi" di pazienza ci sono?

Penso alla pazienza che ci vuole coi bambini che forse non è la stessa che occorre con i vecchi vecchi. O forse sì; ma anche la pazienza che ti viene chiesta davanti a un malato che non sai se guarirà e come guarirà.
E della pazienza che chiediamo a noi stessi davanti a un'attesa che non si sbroglia mai...?


Pazienza: una parola immensa e profonda come una caverna capace di contenere innumerevoli vite.

sabato 22 settembre 2012

SENSI DI COLPA, a torto o a ragione


Vorrei essere in grado di contare tutte le volte che ho provato almeno un tiepido senso di colpa.
Cento? Mille? Un milione? Mah... non vorrei che mi venisse il mal di testa.

Quante volte ho preso posizioni o espresso comportamenti che mai avrei voluto avere ma che ho avuto
e che nemmeno la patina del tempo è riuscita a rimuovere, o almeno, offuscare.

Quante voltte il nostro malessere ci rende cortecce appassite e insensibili e fa uscire dalle nostre bocche frasi così velenose da rendere impossibile la sopravvivenza medesima del confronto?
Ma noi non siamo cortecce insensibili; così ecco che sorgono i dubbi, emergono i torti e le ragioni
che si azzuffano e si mischiano e ci deridono sino a confonderci definitivamente
le idee.

E così ci sentiamo franare il terreno sotto i piedi
il fiato si fa corto
il nostro sguardo non riesce a vedere la luce del cielo.

Sono i sensi di colpa che ci frenano o ci offrono un'altra possibilità.

mercoledì 19 settembre 2012

BUON VIAGGIO


Dedicato a chi piace viaggiare; a chi piace il viaggiare “lento” e certamente non usuale (e non alla portata di tutti).
A chi crede nel viaggio come scoperta di un itinerario fatto di paesaggi ma anche di silenzi e di incontri, di sorprese, di ospitalità e relazioni coltivate nel tempo.
A tutti coloro ai quali piace viaggiare attraverso i sapori e i profumi delle vite operose che si incontrano lungo il cammino e che si immaginano di sperimentare almeno una volta un’esperienza del genere, che non hanno fretta e non hanno paura degli imprevisti
segnalo i resoconti dei viaggiatori stranieri in Italia tra il XVIII e XIX secolo.

Goethe, Stendhal, lord Byron, Montesquieu e chissà quanti altri.
Proprio Montesquieu racconta (1728 o giù di lì) che “le donne genovesi hanno tanta vanità quanta ne basterebbe per tutte le principesse della terra” mentre ammira la bellezza delle donne fiorentine Di Torino racconta che “è piccola e ben costruita: il più bel villaggio del mondo” ma lamenta che non ti invitano mai a pranzo e di Senigallia ammira una grande fiera “che fa la ricchezza della
città” primato che ingelosisce Venezia (più costosa nel vitto e nel dazio doganale) che sparger false voci, di epidemie in arrivo in Senigallia….

Viaggi faticosi, difficili e non meno pericolosi a schivare briganti, malanni e incidenti.
Viaggi lunghi che potevano durare mesi, certamente élitari considerato che all’epoca la maggior parte della popolazione in tutta la vita non si muoveva dal paese natio; viaggi certamente sorprendenti valicando alte cime e attraversando mari, foreste, pianure con mezzi non sempre confortevoli.

E a noi,
meravigliose memorie che valgono il migliore dei sogni assaporando
le loro esperienze, i loro stupori, le attese, gli amori, gli abbandoni.
Racconti e resoconti naturalistici, letterari, artistici; disagi e piaceri,
incontri e separazioni, bellezze e delusioni: ma sempre, e comunque,
un viaggio.

Naturalmente niente low cost né last minute. Andamento
lento tutto da assaporare alla ricerca delle radici.


lunedì 17 settembre 2012

QUANTO COSTA?



La libertà non ha prezzo, verrebbe da dire; nel senso che è gratis o che costa tanto?
Rivendico libertà di pensiero ma poi mi appiattisco su posizioni di convenienza, parlo di cose già dette e già sentite, 'sicure’, viste e già commentate; scavo nicchie in terreni rassicuranti e mi circondo di filo spinato per evitare di mettermi in discussione e l’ipotesi che le mie collaudate e "autentiche"convinzioni possano venir contaminate e modellate da vite e pensieri altrui non è nemmeno presa in considerazione.
Non se ne parla nemmeno!
Mi aggiro tra luoghi comuni piatti piatti.

Le mie frequentazioni sono "sceltissime" e conformi al mio modo di vedere il mondo e alla mia capacità di comprenderlo e interpretarlo.
Libertà di scelta ma poi, se osservo bene, mi accorgo che il recinto è proprio piccolo.
Libertà di vestirmi come mi pare ma poi m’intruppo in comunità modaiole e se mi distinguo dall’altro è perché madre natura (che non ho scelto io) mi ha regalato un neo sulla punta del naso.

Libertà di pensiero ma poi non so nemmeno perché mi sposo; forse perché mia madre ci tiene tanto, e il giorno del matrimonio sono talmente sfinito dai preparativi che non vedo l’ora che tutto finisca (il matrimonio intero o solo quel giorno?...) non prima però di aver fatto decine e decine di foto ricordo…perché altrimenti chi se lo ricorda il giorno del proprio matrimonio, senza foto, e film stile Century Fox…

Libertà di opinione ma poi abbraccio con certezza ciò che la tradizione mi suggerisce o, peggio ancora, per reazione e rivendicando non meglio precisate libertà di scelta, butto tutto indistintamente senza senso critico; così l’Epifania diventa la festa della befana e non so nemmeno il perché.

Liberarsi dalle nostre fissità e granitiche certezze e vedere la vivacità della vita è una magnifica possibilità ma non è scontata se filtrata da lenti inappropriate. Ma quanto?

Attraverso cosa si esprime la libertà?
La libertà è mimetizzarsi?
La libertà è trasgredire?
Azzannare la diversità? Che non è necessariamente il reietto ma chi è diverso da me e cioè chiunque.

Cos’è la libertà, quanto ci costa?


Silvia

venerdì 14 settembre 2012

LE BUONE RELAZIONI



A volte allacciamo delle relazioni che ci sembrano meravigliose e ci coinvolgono molto; non mi riferisco a quelle amorose in senso stretto -per le quali varrebbe la pena un pensiero a parte- ma a quelle più svincolate.

Ci sono persone con le quali intrecciamo feeling immediati e densissimi: esse ci piacciono subito, la loro compagnia ci scalda e ci rallegra; da loro ci sentiamo compresi e accettati anche per i nostri risvolti meno pregiati; costoro sembrano capirci al volo se non addirittura leggerci nel pensiero e la loro compagnia è per noi un momento molto lieto.
Di loro non valutiamo nemmeno più l’aspetto fisico né quello professionale, il ruolo sociale, la passione politica o il credo religioso.

Altre persone, al contrario, ci ispirano fin da subito antipatia: la voce, lo stile di argomentare e di porsi, che, seppur gentile ed educato, ci infastidisce e, anzi, forse ci insospettisce: in loro troviamo solo difetti orribili e qualsiasi cosa dicano ci annoia e la loro vicinanza fisica ci innervosisce.

Chissà perché alcune persone ci piacciono subito e altre quasi ci fanno orrore?

LE PAROLE NON DETTE


Parole ricamate; impudiche; non conformi; trattenute.

Parole non pronunciate per l'impossibilità di contestualizzarle
ma non prive di significato.

Parole mute che contengono la vita tutta: che sono vita! Che esprimono un altro racconto della vita medesima.

Le parole non dette sono nude, di una bellezza abbagliante: parole tanto dense da non riuscire a passare nell'imbuto della censura.


Le parole che non ti ho detto non per questo non hanno vita.

mercoledì 12 settembre 2012

LO SPECCHIO DELL'ANIMA : cambiare vita -parte seconda e ultima-



"Cambiare" si può.

"Cambiare vita" è bellissimo.

Si può cambiare vita tutti i giorni: si può morire e rinascere al contempo decine di volte al giorno.

Cambiare vita non è cambiare scenografia, ma cambiare il cuore, la predisposizione nei confronti della vita medesima.

Cambiare vita non è cambiare musica.
Questo è il malinteso umano

Solo pochissimi cambiano davvero vita, la maggior che si vanta di averlo fatto, in realtà ha cambiato semplicemente indirizzo.





...Avanti il prossimo, avanti la prossima vita,

il nuovo specchio compiacente

domenica 9 settembre 2012

LO SPECCHIO DELL'ANIMA -parte prima-



La buona immagine di noi verso gli altri può facilmente non corrispondere  all'idea che ognuno di noi ha di sè o alla realtà di quello che si è veramente: il nostro "contenuto" e non il contenitore.
Siamo chiamati a mostrarci, in un modo o nell'altro, a tessere tele più o meno probabili e verosimili, ma più la tela ha trama labile e debole più il tessuto si logorerà.
Certo, siamo dotati di fantasia fervida che ci permette di inventarci sempre nuovi, con nuovi volti e personalità; ciò che in una vita sognata ci piacrebbe essere, almeno per un po': la buona immagine, appunto. Questa idea, buona e spendibile,  può essere lusinghiera perchè ci offre un panorama rassicurante al quale col tempo ci si affeziona fino a confondersi e confonderci del tutto. A molti piacerebbe esibire un bello fantasioso e "politicamente corretto" di sè.

A fronte di queste lusinghe si matura però un forte stress da crisi di identità e da ansia da prestazione:
io non sono io ma quello che gli altri vogliono da me.

Logorante, certo.
E allora cambio pelle come un serpente, per soprvvivere;
allora perdo foglie come capelli.
Allora perdo tutto.

Chi crede di liberarsi dalle costrizioni (che comunque ci fabbrichiamo da noi)che una buona immagine pretende, con un colpo di spugna, un colpo di testa, una funambolica piroetta, è cieco o mistificatore.
Facile figurarsi che sia possibile gettare al macero una vita per inventarsene una nuova. Ma le nostre azioni siamo noi.

La domanda da porsi è da riferirsi agli impegni assunti non al grado di godimento che traggo dai colpi di testa e dalle sfavillanti nuove concquiste.

Mettersi in gioco significa anche onorare gli accordi, e rinunciare a fare i capricci; e qualora non riuscissimo resistere ai capricci, potremo allora cambiare amore, lavoro, città e pettinatura, in barba a tutto e tutti, anche, ma non saremo mai davvero tanto onesti da dire la verità sulle menzogne che abbiamo dispensato a piene mani per paura di perdere la buona considerazione che gli altri hanno di noi e per inventarci una nuova illusoria trama.
Altra vita, altro giro in giostra, altra immagine, altre bugie: un gatto che si morde la coda, o, se preferite, un camaleonte che striscia in gabbia alla ricerca del mimetismo.

Ecco allora che nuovi e ignari interlocutori si affacceranno al nostro ripulito orizzonte  e con loro si presenterà il nostro rinnovato apparire, e ci sembrerà di essere belli e felici, ma non avremo mai il coraggio di guardarci per quelli che siamo e accettarci per quelli che siamo e non siamo e non saremo mai.
Quanti matrimoni distrutti, figli infelici, per l'incapacità dell'adulto di liberarsi delle proprie catene e non del contorno, di ammettere che l'illusione infantle del gioco eterno è, appunto, legata all'infanzia.
Dovessimo vivere cento vite, avere mille amanti, cambiare un milione di volte casa, saremo sempre soli con noi stessi a goderci la nostra buona immagine riflessa in uno specchio insincero.


Falsi e debitori saremo così sempre imbrigliati in teorie al limite dell'indecenza per cercare di sostenere l'insostenibile e non avere il coraggio di ammettere che lo specchio nel quale si riflette la nostra anima è impermeabile e ingannevole.
Inconsolabili e piagnucolanti vittime delle nostre azioni e disposti a qualunque artificio  per tenere viva un'illusoria scalata su quello specchio per il quale si è venduta l'anima.

sabato 8 settembre 2012

IL RITORNO


Il giorno del ritorno è caratterizzato dalla sveglia ante alba.

Forse è l'eccitazione del viaggio, l'emozione di ritrovre la propria stanza, i libri, la posta accumulata da settimane che giace in attesa di un riscontro.
Posta che porta baci e saluti da posti lontani; lettere o cartoline che veicolano un ricordo da lontano.
Quando torno la prima cosa che faccio è raccogliere la posta: la maggior parte è pubblicità, ma qualche pensiero inatteso e profumato lo trovo sempre. Ancora scritto a mano e ch non parla di lavoro.

La seconda cosa che faccio è annusare l'aria della casa. Un profumo inconfondibile, come una seconda pelle.

La terza: apro le grandi finestre con le persiane ormai storte dalla vecchiaia e ammiro la luce del mio cielo.

Buon settembre. Sono tornata, sono a casa, qui con voi.


   Silvia