Pagine

mercoledì 19 dicembre 2012

RINASCITA


Questo brano è anch'esso tratto dal libro del mio cuore e forse ad ispirarlo è il tempo di Avvento che parla proprio di nascita.

Ognuno di noi nel corso della propria vita si trova a dover affrontare umori bizzarri, sentieri in discesa, irte arrampicate, tempi di siccità o allagamenti; cuori che si incendiano, ere glaciali, solitudini o eccessivi affollamenti.
Amici, nemici, amanti, addii, ritorni e rimpianti; arroganze imposte e subìte, presunzioni varie così come innumerevoli tentennamenti.

Per ognuna di queste storie e di queste vite ci sono soddisfazioni e moniti, traguardi e rovinose, umilianti cadute.
La vita, capita che ci bastoni pesantemente.

Vi racconto una vicenda che è capitata a un mio amico : è una storia monumentale.


Lui, brillante di animo, intraprendente, determinato, laureato a tempo di record e carriera professionale altrettanto interessante. Ottimi incassi e frequentazioni. Generoso e di animo sincero a volte cerca la via più comoda per la riuscita dei propri intenti ma comunque è fanciullo di cuore quanto basta ed è capace ancora di commuoversi e stupirsi.

C'è un "MA": è molto forte in lui il desiderio, quasi la pretesa, che gli vengano riconosciuti i suoi meriti e le sue fatiche; se ti lasci condurre ti apre il suo universo, ma devi sottometterti.

Un giorno incontra una ragazzotta di provincia rozza e ignorantotta, smaccatamente in cerca di sistemazione, sposata incinta con uno che lei definisce già vecchio, un amico del padre. Il matrimonio non tiene e lei, con un bimbo in fasce punta il nostro uomo -più giovane del marito- e meglio sistemato.
Il 'nostro' vede il lei il tipo ideale:  una che potenzialmente gli dovrà tutto. Così l'ego di lui è foraggiato.
La coppia campa per quattro lustri.

A lei la bella vita piace e fa di tutto per farsi ben volere, almeno in facciata, e lui, il nostro amico e marito di lei, sembra sinceramente innamorato di questa signora che dice sempre sì, sorride, indossa le perle e sorride appena.
Ma ecco il colpo di scena: a un certo punto lei si monta la testa e cede alle lusinghe di un briccone affamato di potere e sesso che coglie la profonda ignoranza e supericialità di lei.
Cosìcchè, dimentica delle pezze di cui erano fatte le sue mutande, lei alza la cresta, si illude, si confonde e diventa sincera... nel senso che lascia cadere l'illibata maschera e cede al briccone; lascia figli e marito e tutto quello che lui le ha messo a disposizione per scappare con lo squinternato con le stesse velleità e vanità.

Un tragedia immane.

Il nostro amico ne esce distrutto. Degli adulteri non ci importa un fico secco.



Questa è l'occasione per rinascere.

...Glielo auguro di cuore anche perchè è intelligente e sinceramente generoso. Non è il mio tipo, ma gli voglio molto bene.

PS vi assicuro che non ho inventato una virgola: é una storia vera
e mi piace ,pur essendo disgraziata, perchè racconta la vita vera e la possibilità autentica di ricominciare, di rinascere, migliorare e capire che le persone faticano a sottomettersi, soprattutto se sanno di essere in debito e che per questo motivo è probabilmente meglio accompagnarsi con soci dalla personalità autonoma e critica, anche se questa non porta lusinghe..


...In fondo è una storia a lieto fine.





martedì 18 dicembre 2012

Degas










BUON NATALE!


Nel paradiso degli animali l'anima del somarello chiese all'anima del bue:
- Ti ricordi per caso quella notte, tanti anni fa, quando ci siamo trovati in una specie di capanna e là, nella mangiatoia...?
- Lasciami pensare... Ma sì - rispose il bue. - Nella mangiatoia, se ben ricordo, c'era un bambino appena nato.
- Bravo. E da allora sapresti immaginare quanti anni sono passati?
- Eh no, figurati. Con la memoria da bue che mi ritrovo.
- Millenovecentosettanta, esattamente.
- Accidenti!
- E a proposito, lo sai chi era quel bambino?
- Come faccio a saperlo? Era gente di passaggio, se non sbaglio. Certo, era un bellissimo bambino.
L'asinello sussurrò qualche cosa in un orecchio al bue.
- Ma no! - fece costui - Sul serio? Vorrai scherzare spero.
- La verità. Lo giuro. Del resto io l'avevo capito subito...
- Io no - confessò il bue - Si vede che tu sei più intelligente. A me non aveva neppure sfiorato il sospetto. Benché, certo, a vedersi, era un fantolino straordinario.
- Bene, da allora gli uomini ogni hanno fanno grande festa per l'anniversario della nascita. Per loro è la giornata più bella. Tu li vedessi. È il tempo della serenità, della dolcezza, del riposo dell'animo, della pace, delle gioie famigliari, del volersi bene. Perfino i manigoldi diventano buoni come agnelli. Lo chiamano Natale. Anzi, mi viene un'idea. Già che siamo in argomento, perché non andiamo a dare un'occhiata?
- Dove?
- Giù sulla terra, no!
- Ci sei già stato?
- Ogni anno, o quasi, faccio una scappata. Ho un lasciapassare speciale. Te lo puoi fare dare anche tu. Dopotutto, qualche piccola benemerenza possiamo vantarla, noi due.
- Per via di aver scaldato il bimbo col fiato?
- Su, vieni, se non vuoi perdere il meglio. Oggi è la Vigilia.
- E il lasciapassare per me?
- Ho un cugino all'ufficio passaporti.
Il lasciapassare fu concesso. Partirono. Lievi lievi, come mammiferi disincarnati. Planarono sulla terra, adocchiarono un lume; vi puntarono sopra. Il lume era una grandissima città. Ed ecco il somarello e il bue aggirarsi per le vie del centro. Trattandosi di spirito, automobili e tram gli passavano attraverso senza danno, e alla loro volta le due bestie passavano attraverso i muri come se fossero fatti d'aria. Così potevano vedere bene tutto quanto.
Era uno spettacolo impressionante, mille lumi, le vetrine, le ghirlande, gli abeti e lo sterminato ingorgo di automobili, e il vertiginoso formicolio della gente che andava e veniva, entrava e usciva, tutti carichi di pacchi e pacchetti, con un'espressione ansiosa e frenetica, come se fossero inseguiti. Il somarello sembrava divertito. Il bue si guardava intorno con spavento.
- Senti, amico: mi avevi detto che mi portavi a vedere il Natale. Ma devi esserti sbagliato. Qui stanno facendo la guerra.
- Ma non vedi come sono tutti contenti?
- Contenti? A me sembrano dei pazzi.
- Perché tu sei un provinciale, caro il mio bue. Tu non sei pratico degli uomini moderni, tutto qui. Per sentirsi felici, hanno bisogno di rovinarsi i nervi.
Per togliersi da quella confusione, il bue, valendosi della sua natura di spirito, fece una svolazzatine e si fermò a curiosare a una finestra del decimo piano. E l'asinello, gentilmente, dietro.
Videro una stanza riccamente ammobiliata e nella stanza, seduta ad un tavolo, una signora molto preoccupata.
Alla sua sinistra, sul tavolo, un cumulo alto mezzo metro di carte e cartoncini colorati, alla sua destra una pila di cartoncini bianchi. Con l'evidente assillo di non perdere un minuto, la signora, sveltissima, prendeva uno dei cartoncini colorati lo esaminava un istante poi consultava grossi volumi, subito scriveva su uno dei cartoncini bianchi, lo infilava in una busta, scriveva qualcosa sulla busta, chiudeva la busta quindi prendeva dal mucchio di destra un altro cartoncino e ricominciava la manovra. Quanto tempo ci vorrà a smaltirlo? La sciagurata ansimava.
- La pagheranno, bene, immagino, - fece il bue - per un lavoro simile.
- Sei ingenuo, amico mio. Questa è una signora ricchissima e della migliore società.
- E allora perché si sta massacrando così?
- Non si massacra. Sta rispondendo ai biglietti di auguri.
- Auguri? E a che cosa servono?
- Niente. Zero. Ma chissà come, gli uomini ne hanno una mania.
Si affacciarono, più in là, a un'altra finestra. Anche qui, gente che, trafelava, scriveva biglietti su biglietti, la fronte imperlata di sudore.
Dovunque le bestie guardassero, ecco uomini e donne fare pacchi, preparare buste, correre al telefono, spostarsi fulmineamente da una stanza all'altra portando spaghi, nastri, carte, pendagli e intanto entravano giovani inservienti con la faccia devastata portando altri pacchi, altri scatole altri fiori altri mucchi di auguri. E tutto era precipitazione ansia fastidio confusione e una terribile fatica. Dappertutto lo stesso spettacolo. Andare e venire, comprare e impaccare spedire e ricevere imballare e sballare chiamare e rispondere e tutti correvano tutti ansimavano con il terrore di non fare in tempo e qualcuno crollava boccheggiando.
- Mi avevi detto - osservò il bue - che era la festa della serenità, della pace.
- Già - rispose l'asinello. - Una volta infatti era così. Ma, cosa vuoi, da qualche anno, sarà questione della società dei consumi... Li ha morsi una misteriosa tarantola. Ascoltali, ascoltali.
Il bue tese le orecchie.
Per le strade nei negozi negli uffici nelle fabbriche uomini e donne parlavano fitto fitto scambiandosi come automi delle monotone formule buon Natale auguri auguri a lei grazie altrettanto auguri buon Natale. Un brusio che riempiva la città.
- Ma ci credono? - chiese il bue - Lo dicono sul serio? Vogliono davvero tanto bene al prossimo?
L'asinello tacque.
- E se ci ritirassimo un poco in disparte? - suggerì il bovino. - Ho ormai la testa che è un pallone... Sei proprio sicuro che non sono usciti tutti matti?
- No, no. È semplicemente Natale.
- Ce n'è troppo, allora. Ti ricordi quella notte a Betlemme, la capanna, i pastori, quel bel bambino. Era freddo anche lì, eppure c'era una pace, una soddisfazione. Come era diverso.
- E quelle zampogne lontane che si sentivano appena appena.
- E sul tetto, ti ricordi, come un lieve svolazzamento. Chissà che uccelli erano.
- Uccelli? Testone che non sei altro. Angeli erano.
- E la stella? Non ti ricordi che razza di stella, proprio sopra la capanna? Chissà che non ci sia ancora. Le stelle hanno una vita lunga.
- Ho idea di no - disse l'asino - c'è poca aria di stelle, qui. Alzarono il muso a guardare, e infatti non si vedeva niente, sulla città c'era un soffitto di caligine e di smog.


Dino Buzzati


domenica 9 dicembre 2012

LE LUCINE


Troppo di frequente accolgo lamentele sulla "freddezza del Natale", sul "consumismo che uccide il Natale" e tiritere di questo tipo come se il tempo di Avvento, l'attesa per definizione per i cristiani, dipendesse dalle luci e dagli spot, dalla quantità di merce offerta e dalla possibilità economica e da una classe politica meno inconsistente.
Faccio fatica ad immaginare una comunità cristiana felice di venir illuminata dai led appesi sugli abeti nelle piazze;
stento a credere a una comunità di persone che si riscalda e galvanizza  allo scaldare delle luci;
non riesco priprio a immaginare persone prorporzionalmente felici all'aumentare del potere di acquisto.

Forse, se parlassimo meno di cose e di colpe altrui e guardassimo più dentro i nostri cuori alla ricerca di un intimo silenzio, sono sicura avremmo più possibilità di "sentire" il tempo dell'Avvento come nessuno spot di panettone riuscrebbe a inventarsi.

venerdì 7 dicembre 2012

SULLA FIDUCIA


Da una corrispondenza con un'amica


"...ti scrivo sulla fiducia, argomento da te sfiorato in risposta alla tua lettera.

Tocchi un tasto dal cuore enormemente capiente , estremamente interessante ed emotivamente potenzialmente esplosivo.

Per rispondere alla tua domanda, mi sono chiesta per prima cosa quale sia il significato ‘tecnico’ della parola ‘fiducia’ (e qui ognuno può attingere al suo vocabolario) e poi ciò che questto significato evoca in me.

La fiducia è il mio carburante.

Io ho fiducia nella vita così come si dispiega, sorprendente e misteriosa; ho fiducia nelle persone che incontro sul mio cammino: mi fido del fatto che possano condividere qualche cosa con me; e ho fiducia nelle istituzioni (un po’ meno nei loro rappresentanti, in Italia, in questo momento storico).

Ho fiducia nel futuro indipendentemente dal colore che esso avrà per me, roseo o grigio, ma siccome il colore grigio stento a riconoscerlo, ecco che prevalgono gli altri colori.

Certamente la fiducia di cui parlo è quella incodizionata, quella che aveva Gesù per suo padre e, di rimando, quella che hanno i bambini per la mamma: per intenderci, quella che fa sì che quando la mamma promette che “il gelato te lo compro dopo” il bambino si mette così in attesa di questo “dopo” perchè la mamma glielo ha promesso. Un’altra immagine di fiducia a cui penso è quella del fedele che si affida al sacerdote nel sacramento della riconciliazione, o quando gli si affidano i propri figli.

E nonostante preti e genitori non siano immuni dal tradire la fiducia riposta, ho scelto di crescere i miei figli tramandando loro il piacere di un vivere fiducioso.
Certamente, predisporsi a vivere con fiducia la vita e le relazioni in essa implicate, significa anche imparare a ‘leggere’ le situazioni, a viverle, anche pestandoci il naso.

No, mai , nemmeno per un secondo vorrei non avere fiducia nel mondo: può capitare di provare un certo ribrezzo, incredulità e sconcerto, ma sfiducia no, piuttosco preferisco aprire gli occhi e prendere atto. Della serie: fiduciosi sì fessi no. (bella questa, ne faccio un aforisma?).

Forse la Fiducia non è il bene più prezioso, però certamente lo è così tanto da illuminare lo sguardo. In profondità.

Ciao,

    Silvia".

martedì 4 dicembre 2012

LIBRI E LIBRAI


Non so come sia per voi, ma a me succede quando vado per città, di venir meravigliosamente attratta dalle vetrine dei librai.
Dalla vetrina ad entrarci il passo è immediato; e una volta dentro il detto "guardare e non toccare" va a farsi benedire.

Nei negozi che vendono libri trascorro tempo meraviglioso a toccate e sfogliare, e immaginare il contenuto di milioni di milioni di milioni di parole fattesi carattere grafico.
Pensieri, racconti, storie, testimoninze di vite lontane o vicine o solo immaginate.
Storie che divertono, storie incredibili, cronache, appunti di viaggio, confessioni d'amore, preghiere.

Nei libri tutto l'amore per la vita perchè è la vita medesima che regala la possibilità di scrivere e di leggere infinitesime parti di queste vite fattesi libro.
L'odore dei libri ti si stampa nella mente ed è già l'inizio di un viaggio.
La consistanza della copertina, il tipo di carta, il colore.

Nella città in cui abito c'è una piccola libreria gestita da sole donne: la capessa e due abili aiutanti.
Si muovono in spazi piccolissimi ma ciò che desideri se non è lì te lo trovano in un baleno.
Non è un circolo culturale, nè un locale trendy.
Non si beve nè si mangia.
Ci sono solo i libri, montagne di libri, "en vogue" o no e quando entro nel negozio mi dimentico che fuori c'è un mondo.

Con la capessa ci intendiamo al volo e ci raccontiamo delle rciproche letture; a volte scopriamo di avere letto gli stessi vecchi memorabili libri altre volte impariamo ad apprezzarci per le reciproche diversità di letture.

Tutti i giorni alle 18 la capessa scompare perchè "è a recuperare i libri": io non ho mai osato chiedere cosa significhi di preciso perchè mi piace immaginare che con la sua automobilina vada in posti incredibili dove crescono meravigliosi libri, come fiori in un prato,

fiori che lei coglie per noi.

LE CERTEZZE SONO DENTRO DI NOI


Così sento dire attorno a me: “le certezze sono dentro di noi”!

Allora un giorno ho alzato il coperchio e mi sono messa a cercare.
… Ho trovato di tutto: schifezze di ogni genere, ricordi reconditi che credevo di aver seppellito per sempre e che (invece) come zombies mi si sono parati davanti dicendo: “ hei baby, tutto ok?”

Amori morti, amori vivissimi, felicità di ogni tipo, incertezze e sicurezze, capacità e lacune. Bugie e verità. Segreti segretissimi e limpidezze.
E questo soltanto frugando nel primo strato!

Ho scavato ancora e ho trovato le aspettative: le mie e quelle altrui su di me:
brrr… che brividi.
Ho insistito nel lavoro e questa volta con la vanga perché lo strato era durissimo, molto compatto, si capiva molto sedimentato.

Ci ho messo un sacco di tempo a scalfire la crosta e non ho trovato nessuna certezza.

In compenso ho conosciuto  una bellissima ragazza.