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lunedì 18 marzo 2013

I bambini non devono sapere che si muore. O forse sì, ma solo nei film e nei videogiochi. (di Marco Lodoli)



I nostri bambini hanno una grande dimestichezza con il principio di distruzione: già a sette, otto anni hanno alle spalle una buona carriera di accoppatori di zombie, mostri, poliponi, brutti ceffi, tutti regolarmente liquidati da raffiche precise sparate nel videogioco. Loro stessi, come del resto accadeva da bambini anche ai loro fratelli maggiori e ai loro padri, spesso “muoiono”, perché colpiti a tradimento dal nemico di turno.

“Mi restano ancora sette vite”, garantisce mio figlio come un gatto, e riprende la sua battaglia immaginaria. E’ il gioco delle parti, una finzione teatrale in cui si ammazza e si crepa senza mai soffrire. In questi giorni, però, mi sono chiesto se i bambini devono avere un contatto reale con la malattia e la morte, o se non è il caso di intristirli inutilmente. Una zia sta male, e poi sta peggio, e viene ricoverata in ospedale o in clinica, smagrisce, tossisce tremendamente, la luce brillante del suo sguardo si opacizza, la sua solita allegria si spegne poco a poco. E poi, una notte, muore. C’è la camera ardente, i fiori attorno alla bara, e nella bara il corpo senza più vita, il cadavere – oh, che parola orribile. Ci sono gli amici di sempre, i parenti adulti, qualcuno piange, gli altri fuori parlano a voce bassa, ricordano, sospirano. E i bambini non ci sono, perché sono piccoli, innocenti, spensierati, perché non è il caso di farli incupire, di spaventarli. Non devono sapere che si muore, o forse sì, ma nei libri, nei film, nei videogiochi, dove si possono ancora sistemare le cose, dove nulla è veramente reale.

Il bambino deve sapere tutto, l’inglese, lo spagnolo, la musica, deve frequentare la scuola calcio, il judo, la piscina, deve migliorare, crescere, attrezzarsi per un futuro sempre più incerto: ma non deve sapere nulla della morte. Povera stella, lo vogliamo far piangere per zia? Non è meglio che se la ricordi simpatica e splendente, mirabilmente viva? E’ una rimozione profonda, la perdita della dimensione metafisica, assoluta, verticale: senza il contatto con la morte, la vita può confondersi, perdere la giusta valutazione degli eventi, imbrogliare la gerarchia dei valori. Credo che l’assunzione interiore dell’idea della morte non peggiori l’esistenza, tutt’altro, rende prezioso ogni giorno, ogni momento, abbassa ogni presunzione e ogni superbia, ci fa sentire parte della grande famiglia dei viventi – esseri umani, animali, alberi – destinata goccia a goccia a svanire e a ricrearsi.

Chi ha visto e capito la morte, ama la vita, perdona, avverte l’unità del tutto, l’energia che ci lega e ci slega. Il bambino che non ha visto, l’adolescente che non ha meditato, hanno perso un’occasione per avvicinarsi di più al senso ultimo dell’esistenza. Se viviamo nella distrazione, moriremo nell’insensatezza.
18 marzo 2013

4 commenti:

  1. Questo argomento è stato argomento di discussione con mia moglie! lei dice poveri bambini......io dico che i bambini devono vivere cose umane e la morte è anche una cosa umana. poi è vero, giocano e uccidono mstri e perchè non si può fargli vedere la morte di un parente? Saluti P.

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  2. Ai nostri bambini si vorrebbero evitare tutte le cose brutte e dolorose ma la morte fa parte della nostra esperienza umana e terrena che ha avuto inizio con la propria nascita e terminerà con la morte.La morte da anche un senso e valore alla vita stessa. E per chi, come me, crede che la morte non è la fine ma solo un passaggio, non sarà difficile presentare ai piccoli questo evento come un distacco doloroso sì ma del tutto naturale, nella consapevolezza che essi sanno interiorizzare ed elaborare molto meglio di noi il lutto.

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  3. il vero senso della vita io l'ho imparato dalla morte. da lei ho imparato il doveroso rispetto che bisogna avere per la sorella vita e per tutti gli esseri senzienti e non che ne fanno parte.

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  4. Sono rimasta molto colpita da questo articolo che racconta di questa moderna idiosincrasia. Mi trovate tutti d'accordo e le vostre esperienze testimoniamo cose vere e importanti

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