Saranno anche ricordi vetusti e conseguentemente appannati, ma io ricordo, da bambina, tanti anni fa, che il tempo di Quaresima scandiva ritmi e modi di vita differenti dagli altri giorni; differenti non perchè si dormisse meno o di più e nemmeno diversi nell’ordinario tran tran dell’andare a scuola, al catechismo, a fare la spesa con la mamma e aiutarla nelle faccende domestiche.
Con l’arrivo del tempo di Quaresima, qualcosa nelle nostre vite cambiava. A partire dalla dispensa.
A noi piccini era risparmiato il digiuno integrale del venerdì, ma non erano ammessi sconti in tema di caramelle, feste e ‘leggerezze’: niente carne, niente dolcetti dopo il pranzo e la già ridotta televisione si stringava ancor più del possibile, ma a vantaggio delle relazioni umane.
Per chi compiva gli anni in questo periodo la festa era ‘morigerata, ma non ricordo tragedie e mortificazioni, del resto la Quaresima ogni anno cambia tempo per cui la privazione della festa non ‘colpiva’ sempre le stesse persone: se capitava a te, era la fatalità, ma andava bene lo stesso. Piccole cose, minuscole rinunce, evidentemente, “fioretti”, allora si chiamavano, ma io ricordo che le ‘chiacchere’ venivano ritirate dai negozi e le nonne molto lige a riguardo: il vino scompariva dalla tavola degli adulti. Nel ricordo infantile non c’è traccia di sofferenza nella rinuncia alla carne o ai piatti luculliani della domenica e il rosario delle tre del pomeriggio (sempre di venerdì) era, per noi bambini, una curiosità da condividere per educazione; una mezzoretta durava il consesso, ma aiutava a sentirsi coesi in un cammino che si sarebbe poi concluso, settimane dopo, con la gioia della Pasqua: ulivi, palme, fiori, colombe, uova e belle giornate di sole.
Fatico oggi, tanti anni dopo, a trovare tracce nel vivere comune, di questo cammino il cui percorso sembra essersi confuso in un marasma di offerta senza limite e senza tempo. Giustamente siamo più liberi di scegliere e stiamo imparando che il buon Dio ci ama lo stesso anche se non diciamo il rosario e se non ci limitiamo nei pasti del venerdì, ma sinceramnete i giorni appaiono tutti uguali e non riconosco più le stagioni.
Mi pare addirittura che le ali delle rondini, così vive nelle poesie che arrivavano per Pasqua, siano rimaste incollate ai libri di mille anni fa.
Quando ero piccolo io credo più tempo di lei, signora, la nonna faceva le frittelle il giovedì grasso e via... Il sabato grasso in giro con la mascherina e via...la domenica a confessarsi per aver mangiato le frittelle. immagini un po lei quali erano i tempi! Saluti P.
RispondiEliminaBuongiorno P.
EliminaI tuoi tempi erami probabilmente simili ai miei... con un io poco misericordioso e molto castigamatti...
Le rinunce a cui mi riferisco non mi riesce di leggerle -oggi- come scelte mortificanti del buon vivere, ma come piccole rinunce per valorizzare l'essenziale.
Silenzio, meditazione, lavoro e morigeratezza non mi riesce di leggerli come mortificazioni in opposizione ad atteggiamenti sprezzanti e ingordi, di risa grasse e abbuffate di presunti piaceri.
Il tempo di Quaresima è in realtà un percorso che incontra la primavera. Primavera dei sensi, delle intenzioni e degli atteggiamenti del cuore e non della dispensa o del guardaroba. Ciao P. Scivi ancora!