Quando arriva la primavera.
Così tanto attesa eppur semplicemente puntuale: è la primavera.
Passo dopo passo a resistere a tormente di neve, nebbie che t’infradiciano le ossa, gelo che ti penetra nel profondo. Alberi spogli e irrigiditi come foreste di pietra.
L’inverno è lungo, lento, buio e tutto sembra tacere come in un folto senza fiato ma
succede che già attorno a san Sebastiano ci si possa tenere "il cappello in mano" anche se è consigliata cautela; eppure è il segnale che ci avverte che la primavera è alle porte, basta mettersi in ascolto.
Poi, passo dopo passo, giorno dopo giorno nella ferialità che ci rende tutti uomini in terra, la foschia si dirada e lascia spazio alle giornate più lunghe e il cielo riesce a illuminarsi di nuova luce meno algida e rarefatta. Le nuvole compaiono già gonfie e non più striate in alta quota bloccate lassù dalla coltre gelida che ci ha ammantato.
In questa prospettiva proviamo pensare a noi, quando ci pare ancora e sempre tutto immobile e inespressivo arrendendoci all’impazienza e restiamo restii a riconoscere che i mutamenti più espressivi sono lenti e impercettibili, silenziosi e discreti.
Sotto il gelo non c’è il nulla, ma germogli addormentati; Tuttavia noi non sempre siamo disposti ad accogliere tutto ciò perché abbiamo sempre fretta e fame di conferme e novità: viviamo oggi ma con la testa siamo ancora a ieri o addirittura al domani che non conosciamo ancora.
Intanto la primavera non ci tradisce mai.
Piano piano arriva, giorno dopo giorno, passo dopo passo.
Non scoraggiamoci se ci sembra che il nostro vivere non offra i vagiti della novità, di una vita diversa e sognata chissà come.
Non temiamo le nostre nudità e le nostre fragilità, perché in esse si cela la nostra forza.
Ricordiamo che quando nelle nostre preghiere invochiamo "
il nostro pane quotidiano" stiamo parlano proprio di noi e della nostra vita che è tutta da vivere con forza e lievità.
Le gemme che l’inverno ha custodito non aspettano altro di poter sbocciare.